venerdì 13 marzo 2009

"la scivedda"


la mia scivedda con la pasta del pane appena messa a lievitare

Le radici dell'arte della ceramica in Sardegna sprofondano in tempi remoti e non si trova traccia di documentazione scritta per lungo tempo ma i siti archeologici e i musei sardi custodiscono tantissimi oggetti, mantenendo vivo il ricordo di questa tradizione.
La produzione ceramica di utensili d'uso quotidiano ha inizio coi primi insediamenti e col passare del tempo si modifica nella tipologia e si affina la decorazione, attraverso il passaggio fra le mani degli artigiani prima nuragici, poi punici, romani e medievali.
E' possibile risalire ad una prima testimonianza scritta dell'arte ceramica in sardegna nel 1692 quando viene redatto lo statuto del gremio dei figuli di Oristano: una corporazione che realizzava stoviglie di uso popolare e imponeva di non variare forme e canoni inizialmente prefissati. Quindi, per secoli la produzione dell'isola non poteva essere all'altezza di quella di altre parti d'Italia più elegante e raffinata, poichè fino al novecento si continuavano a produrre oggetti con forme tramandate dall'antichità: modelli essenziali, semplici e pratici che sono risultati vincenti nel tempo.
Il generale La Marmora nella prima metà dell'ottocento diede disposizioni ad un figulo di realizzare nuove forme e produrre dei pezzi diversi da quelli usuali.
Con Francesco Ciusa nel 1919 si ebbe la creazione della società per l'industria ceramica artistica con la quale vinse al medaglia d'oro alla biennale d'arte decorativa di Monza, consacrando la ceramica sarda a livello nazionale.

Attualmente la produzione figulina riprende due modelli e fogge legati alla influenza della tradizione spagnola seicentesca che sono "su strexiu" ( da estrecho de terra) come stoviglie di uso quotidiano che fanno parte del corredo della sposa e che contava circa 40 pezzi distinti in brocche, pentole, conche e vasi.
La produzione artistica moderna ha ripreso e rielaborato queste forme in chiave maggiormente artistica.
Si tratta di oggetti diffusi in tutta la sardegna: sa mariga (la brocca per l'acqua); su frascu e sa stangiara (i fiaschi per bere); sa cassarola e su tianu (i tegami per cuocere i cibi); sa scivedda e sa freguera (conche per impastare); sa brunnia ( i vasi per la conservazione degli alimenti).
E' un momento suggestivo quello della lavorazione di questi oggetti dove la scelta dell'argilla diventa fondamentale per al buona riuscita del prodotto finito e la Sardegna è ricca di terreni argillosi e qualche ceramista cava personalmente il materiale da utilizzare. La scelta ricade sull'argilla rossa per prodotti da decorare sul fuoco, il caolino per i prodotti più raffinati e l'argilla grigia per vasellame comune. Perchè l'argilla prenda forma viene lavorata sul tornio, ma occorre grande abilità nel suo utilizzo permettendo di ottenere delle forme molto belle ed eccezionali. Il pezzo poi viene decorato a rilievo a seconda dell'esigenza e messo ad essicare, poi viene verniciato rapidamente e può passare alla fase di cottura che prima veniva fatta all'interno di forni a legna.
Finito questo processo si procede alla decorazione, in genere ossidi di metalli, per colorare, e si riveste con cristalli polverizzati per avere lo "smalto" ed pronto per la seconda cottura più difficoltosa poichè l'oggetto non deve prendere contatto col fuoco.






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